Il Giubileo come forma di resistenza

Il Giubileo come forma di resistenza

20 Settembre 2025 1 di Makovec

Am 8,4-7; Sal 112; 1Tm 2,1-8; Lc 16,1-13

La Liturgia della Parola di oggi ci mette un po’ in difficoltà. Infatti, Gesù sembra quasi lodare l’evasione fiscale e il falso in bilancio. Eppure, il senso del racconto di Gesù assume dei contorni estremamente precisi che non riguardano solo l’aspetto economico ma lo contengono. Ed oggi vogliamo provare a rileggere questa parabola alla luce del Giubileo, dal momento che in quest’anno molte volte abbiamo avuto modo di attraversare la porta santa. Il giubileo è un anno in cui sarebbero stati rimessi in libertà i prigionieri, lasciati liberi i campi, restituito tutto ciò che era stato tolto ingiustamente. Un anno particolare in cui la relazione profonda fra fede e impegno sociale emerge con particolare vigore. Avere fede significa anche impegnarsi nel mondo, riconoscere le profonde ingiustizie che lo abitano, denunciarle e cercare di porvi rimedio per quanto possiamo. La vita di fede, paradossalmente, si rivela nella credibilità sociale e politica, economica ed ecologica, come ci ricorda anche il profeta Amos. Infatti, Amos non parla di pratiche religiose, ma dello sfruttamento delle persone, della compravendita attraverso bilance truccate, della cresta sull’efa e dell’aumento del siclo. Non ci sono pratiche religiose e non parla del tempio. Anzi, Amos afferma che gli oppressori, coloro che riducono le persone in schiavitù attendono con impazienza il passare dei noviluni, il passare dei riti e delle prescrizioni che impongono di non svolgere affari perché è festa. I riti, per coloro che opprimono, sono una incombenza che non porta affari, che non porta denaro, diventando addirittura controproducente per le entrare. Perché i riti, come i noviluni, come anche le preghiere che chiede Paolo, sono all’insegna della gratuità, all’insegna di una gratuità che non permette di chiudere affari, che non consente di mantenere quello stato di oppressione e sfruttamento, di corruzione. Dinanzi ad una economia che schiaccia le persone, che opprime e spoglia i territori, come dinanzi ai potenti e ai governanti, la prima risposta della Parola di oggi è la preghiera, la ritualità, la capacità di celebrare. Perché celebrare, vivere i riti, ricordarsi della festa non è un obbligo o un precetto ma è un fare memoria che la nostra vita non dipende dai soldi, non dipende dal potere che possiamo conquistare, non dipende neanche da quante persone ci temino, ma solo e soltanto dalle relazioni che riusciamo a creare. Relazioni che, poi, ci permettono di muovere risorse, di creare progetti pastorali, di vivere una vita piena, come anche di respirare fra la frenesia e le scadenze della quotidianità. La festa, la celebrazione, i riti, ci permettono di ricordare che siamo una comunità, che c’è una dimensione di gratuità nella vita che forse segna e insegna molto più del timore che possiamo incutere perché abbiamo potere economico o cerchiamo una qualche forma di visibilità e di rispetto. È la gratuità della preghiera, la gratuità di tempo che possiamo dare alle altre persone gli effetti di un anno giubilare, gli effetti di quell’anno che è il Giubileo. Il ricordarci che non siamo schiavi del tempo ma che il tempo è una scelta. In questa prospettiva, in quello spazio di gratuità dell’amministratore che abbassa le ricevute dei creditori, allora possiamo cogliere il senso di ciò che afferma Gesù. Quello spazio di gratuità che diviene scaltrezza perché rinsalda delle relazioni, rinfranca dei legami, senza pretese ma creando alleanza e relazioni. Questa è la scaltrezza di una fedeltà non solo ai beni ma alle persone a cui quei beni servono e per cui quei beni sono stati creati. Quando iniziamo ad anteporre i beni e le risorse alle persone, allora nascono le strutture di oppressione e di sfruttamento che il Signore più volte denuncia e dinanzi a cui è posto il Giubileo come decompressione, resistenza, spazio di gratuità soprattutto per i più poveri. Il Giubileo come salvaguardia dei poveri e degli oppressi, capace di ricordare a tutti noi che l’importante sono le relazioni che coltiviamo nella gratuità e che quelle relazioni sono abitate da Dio, quel Dio che è grande perché si china a guardare nei cieli e sulla terra, come ricorda il Salmo. Quel Dio che non rimane chiuso in una nicchia ma ci permette di guardare tutta la realtà dal suo punto di vista.