
Chiesa perché dialoga
At 15,1-2.22-29; Sal 66; Ap 21,10-14.22-23; Gv 14,23-29
Dopo l’acclamazione di Leone XIV è emersa una intervista all’allora cardinale Prevost in cui affermava di non essere sempre d’accordo con papa Francesco. Afferma il cardinal Prevost in questa intervista: “Non vi racconterò la ragione, ma diciamo che non tutti gli incontri con il cardinale Bergoglio erano sempre d’accordo”. Una frase che sembra aver suscitato molto entusiasmo nelle fila dei detrattori del precedente papa Francesco, guardando a Leone XIV come un ripristino delle vecchie consuetudini. Quando mi è capitato di ascoltare questa affermazione, in realtà, non mi sono scandalizzato molto ma ho tirato un semplice respiro di sollievo: anche nella Chiesa si può non essere d’accordo, e diventare comunque papa! Infatti, la tentazione all’interno della Chiesa è sempre quella di cedere il passo all’omologazione militaresca di ordini che vengono impartiti da una gerarchia che non ha più nulla a che vedere con la profezia dello Spirito, con l’essere comunità. Così se da una parte si sono scatenati i classici cori da stadio per screditare le riforme di Francesco, ecco che a me sembra che una delle maggiori acquisizioni che abbiamo ricevuto proprio con Francesco è proprio quella del dissenso. La dimensione sinodale della Chiesa, come ci ricordano già gli Atti degli Apostoli, è proprio ciò che permette il dissenso. Siamo passati da documenti Magisteriali che chiudevano ogni discussione che si sarebbe potuta aprire ad una riforma che implica nuovamente il dialogo, il confronto, la possibilità di fermarsi e ragionare insieme su ciò che avviene all’interno della Chiesa, sulle questioni inerenti la Chiesa come anche su ciò che avviene all’esterno. La possibilità di dialogare, di dissentire, di ricercare delle soluzioni insieme, di rintracciare dei testimoni credibili che possano portare una voce autorevole invece dell’autoritarismo mascherato da obbedienza. La posta in gioco nella prima comunità cristiana, infatti, non riguarda solo la circoncisione ma la possibilità di dialogare insieme su una domanda che viene posta. Domanda che permette alla Chiesa di riconoscersi come altro rispetto al popolo di Israele. Dietro la narrazione della circoncisione c’è tutto questo spazio di riconoscimento della Chiesa come altro rispetto al popolo di Israele. Un passo importante che ha bisogno anche di dissenso e di un dissenso fatto da testimoni credibili come Paolo e Barnaba, come Barsabba e Sila. Persone che sono responsabili all’interno della comunità, che sono incaricate dalla comunità e non persone che iniziano ad affermare delle cose senza alcun incarico, anzi obbligando a pratiche a cui neanche la Chiesa obbliga. Ed è questa dimensione di dialogo che ritroviamo alla fine della Scrittura, nelle ultime pagine di Apocalisse. Una città, la Gerusalemme celeste, piena di colore e di bellezza, in cui non c’è una chiesa alla fine, non c’è uno spazio sacro e uno profano, ma al centro della città c’è la piazza d’oro in cui brilla la luce dell’Agnello. Quella piazza che è simbolo di un dialogo, che non è arroccamento sulle proprie posizioni, ma diversità, accoglienza, convivialità. Uno stile di vita possibile alla luce dell’Agnello, alla luce di quella Parola che viene ad abitare in mezzo a noi e che ci rende già oggi concittadini dei santi e familiari di Dio, cittadini della Gerusalemme celeste. Quello Spirito che viene ad abitare dentro di noi, quello Spirito che ci dona il Cristo Gesù, quello Spirito che ci ricorderà ogni cosa è quello stesso Spirito che abitando in noi ci fa già abitare nella Gerusalemme celeste. Abitanti in terra della Gerusalemme celeste, in quella pace che non è indifferenza o irenismo ma capacità di pensiero, di esposizione, di critica, di sguardo sul presente e sulla realtà che ci circonda. Una pace che non è quella del mondo ma in cui riconosciamo una distanza libera e liberante, anche dissidente alle volte da tutto quello che ci circonda. Perché così possa risplendere il volto del Signore su di noi, come abbiamo pregato nel Salmo, e le genti possano conoscere la sua via.
Grazie. Molto bello. È la luce dello Spirito che illumina ció che vediamo intorno a noi e ciò che leggiamo nelle Scritture, non il contrario. Se contenessimo lo Spirito nelle maglie della sintassi biblica potremmo confondere il significato di ció che leggiamo, ma lo Spirito, che soffia dove vuole ed al quale senza presunzione dobbiamo abbandonarci, ci fa capire anche quello che mani dotte hanno scritto segiendo le necessità del tempo.
Ma alcuni radicalisti sanno cos’è l’esegesi?