Riconoscersi cristiani

Riconoscersi cristiani

17 Maggio 2025 1 di Makovec

At 14,21b-27; Sal 144; Ap 21,1-5a; Gv 13,31-33a.34-35

La settimana scorsa, le due associazioni “Cercasi un fine” e “Bet- Polo Biblico”, hanno organizzato un convegno dal titolo “Città per vivere. Dalla disgregazione all’accoglienza”. Abbiamo riflettuto, dialogato, conosciuto, differenti prospettive bibliche e politiche da cui guardare la città e le città contemporanee. Come sappiamo, tutta la Scrittura si caratterizza per essere un cammino fra due città: Babilonia e Gerusalemme. La Babele della Genesi fino alla caduta di Babilonia la grande in Apocalisse, dalla Gerusalemme terrestre fino a giungere alla Gerusalemme celeste, la tenda di Dio con gli uomini, come abbiamo ascoltato. Tutto il cammino della Sacra Scrittura potrebbe essere compreso fra queste due città, Babilonia e Gerusalemme, che sono metafore del nostro vivere le metropoli contemporanee. Metafore vive, direbbe Paul Ricoeur, perché condensano visioni, ottiche, pratiche del vivere quotidiano che diviene un vivere politico. Oltre le forme istituzionali della politica, ci sono pratiche quotidiane che fanno politica che dicono un agire politico anche all’interno delle nostre città. Si tratta di quella società civile, cittadinanza attiva, che offre un ricco panorama di movimenti, associazioni, collettivi, formali o informali, che nelle loro pratiche offrono spazi urbani differenti. Non una politica di centri di potere e di istituzioni, ma una politica delle strade, dei quartieri, delle relazioni da cui, fin dalle origini della Chiesa, passa il Vangelo. Abbiamo ascoltato negli Atti degli apostoli, come l’annuncio del Vangelo si colleghi e ricolleghi sempre ad una geografia, anche molto dettagliata e precisa, dei luoghi e delle città che Paolo e Barnaba attraversano. Paolo e Bàrnaba ritornarono a Listra, Icònio e Antiòchia e poi attraversata poi la Pisìdia, raggiunsero la Panfìlia e, dopo avere proclamato la Parola a Perge, scesero ad Attàlia; di qui fecero vela per Antiòchia, là dove erano stati affidati alla grazia di Dio per l’opera che avevano compiuto. La Parola si intreccia con una precisa geografia di luoghi che ancora oggi conosciamo, in cui ancora oggi ci sono piccole comunità cristiane o luoghi riscoperti attraverso l’archeologia. E ricordiamo come anche i primi capitoli di Apocalisse ci raccontano di città a cui sono indirizzate alcune lettere. E sono sempre comunità localizzate, costituite in alcune città. Fino a giungere alle ultime pagine di Apocalisse, dove la tenda di Dio con gli esseri umani è la Gerusalemme celeste. Non una singola chiesa, ma la città stessa, colei che all’interno non ha Tempio perché chi la illumina è la luce dell’Agnello. E vidi anche la città santa, la Gerusalemme nuova, scendere dal cielo, da Dio, pronta come una sposa adorna per il suo sposo. Ua città splendente, di una bellezza incomparabile, che scende dal cielo con una solennità che toglie dagli occhi ogni forma di dolore, lacrima, lutto. È la città santa, è il luogo dove tutto ciò che c’è di bello e di vero dentro di noi ha pieno diritto di cittadinanza. Una città santa in cui l’amore gli uni per gli altri raggiunge il culmine, la pienezza, l’apice. Un amore gli uni per gli altri che ci permette di riconoscerci come cittadini della Gerusalemme celeste, già oggi. Il Vangelo ci riporta proprio lì, nel Cenacolo, dopo che Giuda uscì dalla stanza. E la raccomandazione di Gesù, il lascito del Risorto, è il riconoscerci dall’amore che abbiamo gli uni per gli altri. Credere significa, in altri termini, non amare Dio ma amare le altre persone. Quel fare nuove tutte le cose che abbiamo ascoltato alla fine di Apocalisse, è il comandamento nuovo. Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri. Da questo veniamo riconosciuti come cristiani, in questo modo evangelizziamo le persone, portiamo a loro un lieto annuncio, una Parola di liberazione che scardina ogni lutto, angoscia, lacrima e paura. L’ateismo di fatto, che ha richiamato papa Leone XIV, germoglia nella guerra e nella faziosità, nel seminare odio e discordia verso le altre persone. Non passa dalla soglia delle parrocchie ma se abbiamo amore gli uni per gli altri. In questo modo anche le pratiche evangeliche diventano pratiche politiche, in questo modo l’amicizia che viviamo è un’amicizia sociale, in questo modo costruiamo reti su cui viaggia la Parola con tutti gli uomini e le donne di buona volontà, con le altre comunità cristiane, con le altre confessioni cristiane, con gli altri credi religiosi. Perché da questo siamo riconosciuti discepoli di Cristo, cristiani.