Corpus Domini: antidoto al settarismo

Corpus Domini: antidoto al settarismo

21 Giugno 2025 0 di Makovec

Gn 14,18-20; Sal 109; 1Cor 11,23-26; Lc 9,11b-17

La solennità del Corpus Domini ci riporta non solo alla memoria del pane e del vino che diventano Corpo e Sangue di Cristo, ma soprattutto alla relazione che viviamo e che sviluppiamo con Cristo stesso. Infatti, la realtà del sacerdozio di Cristo a cui partecipiamo in quanto ministri ordinati, ci permette di cogliere una dimensione importante del nostro essere Chiesa, pienamente Chiesa nel Corpo e Sangue di Cristo. Questa dimensione è legata alla relazione che viviamo man mano che ci nutriamo del Corpo e Sangue di Cristo. Il sacerdozio di Cristo, infatti, non dice solo la trasformazione o transustanziazione in Corpo e Sangue ma anche che, nel suo sacerdozio, noi entriamo in relazione con lui, entriamo in una nuova relazione libera e liberante. In questi giorni mi è capitato di leggere un intervento sui culti a deriva settaria, ovvero come un culto, una religione, una fede possa trasformarsi, a livello psicologico, in una dipendenza affettiva e relazionale. E mi sono chiesto se questa dipendenza relazionale sia un pericolo anche nella nostra vita di fede e come poter riconoscere il rischio di trasformare il culto a Dio in una deriva settaria. La definizione di relazione settaria che viene proposta è: un tipo di relazione in cui una persona induce intenzionalmente un’altra a divenire totalmente o quasi totalmente dipendente da sé per quanto riguarda la maggioranza delle decisioni più importanti della vita, e inculca nei seguaci la convinzione di possedere qualche talento, dono o conoscenza speciale. Una relazione di totale dipendenza da un leader per le sue conoscenze, per le sue doti che distribuisce in maniera indiscriminata a chi vuole e a chi crede più opportuno, creando gerarchie di controllo e di sottomissione. La tentazione del settarismo, come ben sappiamo, è presente anche nei nostri ambienti ecclesiali ma è esattamente il contrario di ciò che ci ricorda la solennità del Corpus Domini. Infatti, la solennità del Corpus Domini non ci dice che siamo una setta e che dipendiamo da un leader carismatico, ma che siamo stati nutriti da Cristo stesso, al cui sacerdozio sia nel battesimo sia nel ministero, apparteniamo e partecipiamo. In altri termini, se una setta si crea nel momento in cui il nostro bisogno di fiducia in noi stessi viene bloccato a causa di un leader da cui dipendere, nella solennità del Corpus Domini il nutrimento che è Cristo stesso è la potenza che ci fa crescere, che ci sostiene, che ci permette di incontrare e celebrare. Quando Abramo ha incontrato Melchisedek, sacerdote del Dio altissimo, egli ha offerto pane e vino e ha benedetto Abramo, non tenendolo a sé, non sottomettendolo per volere di un qualche dio. Un incontro, un’offerta, una ripresa del cammino per altre vie e per altre strade dopo aver condiviso benedizione e decima. Un nutrimento che occorre e ci che ci fa correre in un cammino di libertà, su una strada di liberazione. E in Melchisedek noi intravediamo il sacerdozio di Cristo, il suo essere sacerdote per sempre al modo di Melchisedek, come ricorda il Salmo. Ed è questa una delle dinamiche che ci fa fuggire al settarismo, per cui anche il sacerdozio ordinato non è l’essere sacerdoti in eterno, ma partecipare all’unico sacerdozio che è il Cristo. Per cui il Corpus Domini, ricorda anche ai ministri ordinati che il sacerdozio non è un ruolo, non è un privilegio, non è neanche una identità prestampata, e neanche una proprietà privata, ma una configurazione all’Eterno Sacerdote che è Cristo. Ed in questa dinamica di critica al settarismo, di vigilanza affinché per non scadere in una deriva settaria, riconosciamo le parole di Paolo quando afferma che trasmette ciò che a sua volta ha ricevuto, che il dono del Corpo e Sangue di Cristo non è per rimanere in una dipendenza affettiva o intellettiva da qualcuno, ma per annunciare la venuta del Signore, per aprire la storia alla sua presenza nello Spirito. Nutrirci del Corpo e Sangue di Cristo, allora, significa aprire gli orizzonti, essere chiamati a libertà, una libertà che ci rende unici, che fa di noi una comunione mai chiusa e mai dipendente da qualche leader. Annuncio di quel Cristo che ha moltiplicato i pani e i pesci senza fare del miracolo il segno del potere sugli altri, senza creare una dipendenza su quelle persone che ha sfamato. La condivisione del pane e del pesce, raccontataci da Luca, potrebbe essere il terreno più fertile per far crescere una nuova setta, tanto da avere un leader, una grande folla, la disponibilità per un evento straordinario. Gesù ha tutte le carte in regola per crearsi una setta, per creare un movimento religioso e politico per poter prendere il potere. Invece, nella sua libertà integrale, ha preso il pane e i pesci, li ha condivisi e basta, poi si riprende il cammino. Sappiamo da altri racconti che avrebbero voluto farlo re, che il popolo stesso lo avrebbe eletto come leader di una nuova setta religiosa, creando una relazione di dipendenza. Invece Gesù non fa nulla di tutto questo, lascia libere quelle persone, fino a quando rimarranno nuovamente in pochi a seguirlo, fino a quando sulla croce non ci sarà nessuno con lui. Il prezzo di una libertà che non fa prigionieri, in cui Gesù sceglie di offrirci il suo Corpo e Sangue non per creare una relazione di dipendenza con noi, ma per andare incontro ai fratelli e alle sorelle che incontriamo giorno per giorno.