E il naufragar non m’è dolce in questo mare di Gabriele Vaglio

E il naufragar non m’è dolce in questo mare di Gabriele Vaglio

1 Luglio 2019 0 di Makovec

“E il naufragar m’è dolce in questo mare” così termina la famosissima e meravigliosa poesia “L’infinito” di Giacomo Leopardi, certo, lui si riferiva al naufragar nel suo pensiero, delle dolci immagini e scenari che gli aprivano il cuore nel componimento in versi.

Ma possiamo esser certi che il naufragar non è affatto dolce, rimanere in mare con la sola speranza come ancora non è affatto poetico e umano.

È sorprendente vedere come il pugno di ferro, l’obbedienza cieca all’ideologia e la difesa dei confini italiani faccia naufragare il buon senso, la buona umanità, il valore della vita dell’altro solo perché fa paura.

Oltre ai confini nazionali così ostinatamente difesi davanti a meno di 50 persone disarmate, come se fossero delle truppe pronte ad invadere l’Italia, esistono i confini di coscienza?

Da quando ci siamo rinchiusi dietro barricate così alte per paura di fratelli bisognosi che in fondo convivono sul nostro stesso pianeta e abbiamo azzittito la nostra coscienza e siamo diventati sordi al grido dell’uomo che ha il naturale, tremendo e allo stesso tempo meraviglioso istinto di sopravvivenza che ci fa rimanere nel grembo della terra dalla quale siamo nati e che stupidamente sfruttiamo come se fossimo corpi estranei non bisognosi del suo benessere?

Nessuno si lascia in mare dice una antica e non scritta legge dei marinai e questo è sufficiente per non violare la libertà altrui e l’istinto di sopravvivenza che ci accomuna, perché siamo di fronte a persone con sogni e speranze spaventate di fronte ad un futuro incerto, che scappano da situazioni precarie se non terribili e non dovrebbero trovare dall’altra parte veri e propri mostri capaci di fagocitare le loro richieste di aiuto, solidarietà e fratellanza. Non si meritano di essere fagocitati dalle paure di chi ci governa trasmesse ai cittadini ignari di questo sistema di controllo che toglie il respiro e l’umanità.

Cosa significa essere nazione? Si può aver paura di perdere l’identità nazionale ed i confini solo per una richiesta di aiuto?

Allora le domande che dovremmo porci sono “cos’è l’Italia? Cosa significa oggi nel mondo globalizzato confine nazionale?” Ed in modo più poetico, come canta Motta a Sanremo 2018 “Dov’è l’Italia amore mio?”

Dov’è l’Italia campione di solidarietà cosciente di essere un punto di passaggio cruciale nel Mediterraneo, così madre e cosi generativa e generosa da accogliere figli territorialmente non suoi? Ma che ha anche visto partire i suoi figli in cerca di fortuna in America, nell’Europa del nord,… e che vede i suoi giovani ancora oggi emigrare per poter dare al mondo la brillantezza del proprio pensiero.  

I media, internet ed i social ci danno la falsa convinzione di vivere in un mondo nel quale i confini non sono più un problema, io posso vedere immagini e video in diretta dell’Australia o dagli Stati uniti e posso pensare di far parte davvero di un unico villaggio globale che mi avvicina alle persone più lontane.

Ma la realtà è che c’è questa paura che ci lacera da dentro e fa chiudere porti e innalzare muri, ma il mare i porti li apre ed i muri sono destinati a crollare perché l’uomo è sempre stato e resterà viandante.

Oltre alle leggi scritte che vanno rispettate per il bene comune, ci sono una serie di leggi non scritte che regolano la coscienza e che a volte ci fanno avvicinare agli altri anche in opposizione a leggi scritte che hanno perso i valori fondamentali della vita, che oserei definire contro natura perché è per natura che l’uomo ha bisogno di andare incontro all’altro.

E per concludere con delle altre parole di Giacomo Leopardi riporto un verso del sonetto all’Italia che forse ci danno un’immagine dolorosa ma reale: “Or fatta inerme, Nuda la fronte e nudo il petto mostri. Oimè quante ferite, Che lividor, che sangue! Oh qual ti veggio, Formosissima donna! Io chiedo al cielo e al mondo: dite dite; Chi la ridusse a tale?”

Chi ci ha ridotti a freddi omuncoli insensibili davanti al dolore altrui? Così non possiamo definirci uomini, non c’è nulla di umano in tutto questo, non c’è posto per l’umano.