Fragore nello Spirito

Fragore nello Spirito

7 Giugno 2025 0 di Makovec

At 2,1-11; Sal 103; Rm 8,8-17; Gv 14,15-16.23b-26

Uno dei libri più famosi di Paola Caridi, giornalista che ha vissuto dieci anni a Gerusalemme, è Gerusalemme senza Dio. Ritratto di una città crudele. È il tentativo di descrivere Gerusalemme oltre le componenti religiose che, di volta in volta, si sono avvicendate e si avvicendano tuttora. Una città stupenda, affascinante per la sua storia, per il suo essere Città di pace, che, nella paradossalità della storia, si trova sempre circondata da guerre, stermini e genocidi. Se, per una volta, provassimo a mettere da parte dio, qualunque dio, scopriremmo una Gerusalemme sempre divisa in se stessa, costellata di posti di blocco che controllano ogni passo, ogni merce, ogni idea che transita. Israeliani e palestinesi, come anche arabi e cristiani, che percorrono le stesse vie per poi andare a rinchiudersi ognuno nel confine del suo quartiere. Una città centrale per le tre grandi religioni monoteiste, eppure, sempre sotto assedio, in cui c’è sempre bisogno di militari, di ansie per qualcosa che potrebbe succedere. Una città che si trova a vivere una sorte senza fine, in cui la religione crea divisione, violenza e sopruso quando sale al potere. Assistiamo ancora oggi a scene in cui per provocazione, alcuni ministri israeliani o alcuni fondamentalisti assaltano i quartieri arabi, raggiungendo anche la Grande Moschea della Roccia con la sua cupola d’oro. Se guardassimo a Gerusalemme senza Dio, come suggerisce Paola Caridi, incontreremmo una crudeltà quotidiana, una divisione netta, un emergere di soprusi e violenza. Per questo, oggi, si fa ancora più urgente il richiamo dello Spirito nella vita religiosa. Perché, oggi, nella solennità di Pentecoste, ci rendiamo conto di come lo Spirito sia la verifica di Dio, il criterio per riconoscere la verità su Dio. Gesù, nel Vangelo, ci descrive lo Spirito proprio in questo modo, come colui che ci ricorda la Verità delle sue parole, la verità di quelle parole che lui ci ha detto e da cui possiamo ancora trarre insegnamento. Lo Spirito, allora, è il Paraclito che parla a nome di Gesù, che è l’inviato del Padre, che ci ricorda le parole di Gesù per camminare verso il Padre, per riconoscere la volontà del Padre in mezzo a noi. Ecco, allora, come lo Spirito è discernimento, è capacità di intessere e intrecciare la storia con il suo soffio, con il fragore che da lui si propaga. Nella pagina di Atti, abbiamo incontrato uno Spirito che è fragore. E c’è una differenza importante fra il fragore e il frastuono. Se il fragore è un suono che si propaga nell’aria, il frastuono è un rumore confuso. Il fragore è un grido che echeggia nell’aria e che permette di riunire le persone più differenti, mentre il frastuono è un rumore che allontana, che incute paura. Forse, in questi giorni, Gerusalemme vive più di frastuoni che non di fragore, ed ecco perché c’è bisogno ancora di Spirito. Di quello Spirito che convoca a sé anche nelle diversità, che ci permette di dialogare, di parlare anche attraverso differenti culture, nella loro lingua e non nella pretesa della nostra. Dialogare facendo memoria delle parole del Signore che significa amarlo. Ecco, perché ricordare le parole del Signore Gesù nello Spirito, è il modo attraverso cui lo amiamo, il modo attraverso cui viviamo nella sua volontà, nel dialogo con le altre persone e non separandoci e dividendoci. Dallo sforzo del dialogo, facendo memoria delle parole di Gesù, diventiamo fragore che accomuna, facendoci abitare dallo Spirito. Non diventiamo persone che creano frastuoni, rumori confusi di un chissà quale grido, ma persone di fragore, facendo emergere lo Spirito che abita in noi. La differenza fra fragore e frastuono è la stessa che c’è fra la vita nello Spirito e la vita nella carne, che ricorda Paolo. dove la carne non è la materia ma è ciò che in noi che frastuono, che spaventa, che mette paura, che reca ansia, mentre il fragore sono quei gesti che si propagano e fanno propagare lo Spirito che abita in noi, quello Spirito che grida: “Abbà, Padre!”. E voi non avete ricevuto uno spirito da schiavi per ricadere nella paura, ma avete ricevuto lo Spirito che rende figli adottivi, per mezzo del quale gridiamo: «Abbà! Padre!». Così, nel fragore delle nostre azioni, nella memoria delle parole del Cristo, siamo abitati dallo Spirito e contribuiamo a rinnovare la faccia della terra.