I segreti della città notturna

I segreti della città notturna

27 Aprile 2020 1 di Makovec

Fra le storie di Instagram, quella che mi colpisce maggiormente è sempre quella dei paesaggi urbani. Soprattutto per quanto riguarda il quartiere in cui mi trovo a vivere in questi giorni. la conformazione del quartiere Patalini di Barletta offre paesaggio ampi, sia di giorno che di notte, come anche nei passaggi del tramonto e dell’alba. Paesaggi che esprimono la doppia valenza, la scissione fra il piano terra e il balcone da cui si affacciano le case. Infatti, se dal piano terra si vive sempre con il rischio dell’anonimato e con una leggera eppur presente sensazione di essere schiacciati dalla mole dei palazzi, quando ci si trova a piano, ecco che l’orizzonte si fa più ampio. E, paradossalmente, più saliamo, più gli orizzonti si ampliano, più l’animo stesso di dilata e si distende, fino ad interpretare il paesaggio secondo il proprio stato d’animo. Si viene a generare una osmosi fra il proprio sé più profondo e il paesaggio stesso. E tutto questo si rivela interessante nella misura in cui il paesaggio diviene segno dell’esistenza, del come siamo posizionati all’interno del paesaggio, non solo a livello razionale ma anche a livello emotivo. Il paesaggio notturno, ad esempio, conferisce maggior vigore all’intimità, facendo emergere non le zone di luce o le zone d’ombra ma una certa tranquillità in cui possiamo essere noi stessi. A livello poetico, infatti, la notte è sempre il segno di emozioni intime, di una libertà che cerca si sfuggire al controllo e al governo. La notte urbana aggiunge a tutto questo una specifica simbolica di libertà anche dall’identità stessa. Il paesaggio urbano non offre, soprattutto alla vista notturna, elementi in cui potersi identificare come storia comune, ma un insieme di storie personali che si nascondono fra le vie illuminate, fra gli alberi, fra l’apertura oscura del cielo. Insomma, il paesaggio urbano notturno offre la possibilità di una libertà che non si declina necessariamente con l’impegno e la responsabilità nei confronti del tessuto sociale, ma con una cura esistenziale del sé. Ma per questa cura c’è bisogno di un silenzio e di una specie di vuoto urbano, ovvero di uno spazio e di un tempo che la città offre oltre le sue consuetudini quotidiane. Infatti, la strada deserta, l’interazione del verde con la luce, il silenzio delle abitazioni dormienti spingono ad approfondire ciò che, molto spesso, per la velocità delle nostre interazioni non vogliamo o non osiamo vedere. Ecco, allora, che la libertà di cui parliamo si sgrava dal peso civile dell’apparenza in società ed entra nelle stanze della coscienza che, solitamente, lasciamo impolverate e chiuse. Sono le stanze in cui nessuno o pochissime persone possono entrarci e che, paradossalmente, si riflettono nella città silenziosa che ci viene offerta proprio nei momenti in cui ne abbiamo più bisogno e che rimane lì, avvolta dal velo di mistero che caratterizza la nostra esistenza. Fino ad attendere il giorno e fare come se quella notte non fosse mai esistita. Un segreto fra noi e la città.