
Città panico e militarizzazione
Per chiudere, almeno per ora, questa relazione fra militarizzazione e città non possiamo non citare un classico di Paul Virilio, Città panico. Paul Virilio ha incentrato le sue prime riflessioni proprio sulla relazione fra guerra e città, avendo vissuto da piccolo la Seconda Guerra Mondiale e avendo subito i bombardamenti degli Alleati su Nantes. La paradossalità che lo ha spinto a riflettere sulla relazione fra guerra e città nasce proprio in questo periodo in cui era scisso fra i nazisti che occupano la sua città da odiare mentre coloro che bombardano da amare come liberatori. Una paradossalità che, come racconta Virilio, per un bambino di dieci anni conserva qualcosa di filosofico. Così tanto filosofico che i suoi primi lavori a cavallo fra filosofia e architettura riguardano i bunker del Vallo Atlantico, costruzioni rimaste lì ad annunciare qualcosa di passato che potrebbe ripetersi. E su questa scia di incidentalità del futuro, di un qualcosa che è successo e che potrebbe ripetersi come la guerra scrive Città panico. Si tratta di città come New York dopo l’11 settembre, Gerusalemme con il suo muro di divisione e i suoi checkpoint, Bagdad dopo Sadam Hussein, come anche tante altre città contemporanee, come le nostre città oggi. Città che vengono attraversate da un panico collettivo presente e sempre comunque rinviato, un panico che potrebbe avverarsi da un momento all’altro e per cui occorrono mezzi di difesa, di protezione, di attacco preventivo se necessario. Quel panico che anche un villaggio dell’esercito nel pieno centro di una piazza pubblica può rendere visibile. Una possibilità di essere colpiti da un drone, da un razzo, da qualsiasi altro mezzo comandato a distanza, oppure da un qualche terrorista che si fa saltare in aria all’improvviso, o qualcuno che inizia a sparare entrando in un bar e così via (confronta https://osservatorionomilscuola.com/). Tutto può accadere e ogni incidente si può verificare, seminando il panico all’interno delle città, all’interno degli spazi pubblici. Per questo occorre sempre più una sicurezza armata, una sicurezza che non risolva ma allontani la preoccupazione, che rinvii il panico e che, paradossalmente, faccia del panico il mezzo attraverso cui governare e amministrare le città. In un futuro distopico, sostiene Virilio, potremmo anche interrogarci su un Ministero della Paura in grado di governare le nostre città. Il panico, sotteso e rinviato, premonitore di possibili scenari futuri, contiene in sé il potenziale adeguato per militarizzare le città, smaterializzando gli abitanti e i cittadini, costituendosi al fare città.
[…] su gentile concessione dell’autore una riflessione estremamente interessante pubblicata su Makovec.it, aderente all’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università, il […]