Le luci d’America: dall’utopia all’eutopia

Le luci d’America: dall’utopia all’eutopia

9 Giugno 2019 0 di Makovec

https://www.youtube.com/watch?v=Z38918BOI1o

Immaginate di potervi trovare in un altro posto, in qualsiasi altro posto, che non sia quello attuale. Ebbene, Luci d’America di Ligabue, contenuta nel suo ultimo disco Start gioca proprio su questo. Le luci d’America, infatti, sono il luogo immaginato dagli immigrati nelle loro lunghe traversate sull’Atlantico, agli inizi del Novecento. Le luci d’America è il simbolo del sogno che si realizza o, meglio, della possibilità del sogno da realizzare, rimboccandosi le mani. Infatti, le luci d’America sono i primi bagliori che gli immigrati poteva guardare dalla nave, così come oggi le stelle sull’Africa rimanda ad un altro tipo di migrazione. Ma Ligabue riesce a dare un senso al migrare che non è prettamente di denuncia sociale quanto di passaggio da un luogo all’altro. Le luci d’America ci spingono a pensare ad un luogo altro, ad un altrove da poter realizzare, un luogo dove i nostro sogni diventano realtà e dove la realtà stessa si confonde con la nostra realizzazione. Nel video della canzone, l’utilizzo del visore per la realtà aumentata indica proprio un rimando ad un luogo altro, ad un altrove che permette di aprire la mente, di fuggire dalla propria prigione. Ora, il problema del luogo altro, dell’altrove, è proprio nelle motivazioni che ci spingono ad affrontare un viaggio da migranti. Il luogo dell’altrove, infatti, mette in gioco prima di tutto la nostra percezione della realtà che potremmo definire di visualizzazione o di visione. Rimanendo in ascolto della canzone di Ligabue, la differenza è proprio in come e in ciò che vediamo. La visualizzazione è il guardare una realtà piatta: il fumo sulle macerie o il dito mentre si indica la luna. Immagini che ci rimandano ad una realtà che non è aumentata, come suggerirebbe il visore, ma una realtà appiattita e ricurva su se stessa. La visione, invece, è la capacità di guardare oltre, di far sì che quei luoghi, che la stessa realtà possa essere già vista in tutto il suo spessore, in una prospettiva aumentata. Ma per fare questo, il visore del video, diviene l’altro delle parole della canzone, diviene colui che guarda nello stesso punto delle macerie e sorride, perché immagine già un mondo nuovo che sorge su quelle macerie. Il visore nella visione di luoghi altri è colui che riesce a guardare con gli occhi dell’immaginazione, chi nelle crepe della distruzione e della decostruzione sa guardare la luce che penetra più che il nulla. Il visore che aumenta la mia percezione della realtà, che mi porta in un luogo altro, è proprio l’altra persona. L’alterità che mi permette di cambiare prospettiva, di conquistare un punto nuovo sul mondo, un punto diverso dal mio. Per questo motivo serve pane e fortuna, serve vino e coraggio, soprattutto ci vogliono buoni compagni di viaggio. Elementi che mi spingono a guardare altrove, che condividono un percorso, un cammino, sempre spingendo il mio sguardo un po’ più in là, un più altrove. In questa prospettiva, allora, quello che di solito chiamiamo utopia ovvero non-luogo, diviene eutopia, luogo buono in quanto condiviso. E l’eutopia, il luogo altro che non si riduce alla mia singola idea, fa rima con l’irrimediabilmente altro dell’euanghellion, dell’Evangelo. Dove l’annuncio di Dio è andare altrove, decentrarsi, assumere una nuova prospettiva rimanendo, paradossalmente, nel luogo dove ci si trova, proprio lì. In altre parole è essere sulla soglia per realizzare certi miracoli solo da svegli.Allora, le luci d’America non saranno più un miraggio da migranti di un altro luogo, ma un pellegrinaggio verso il luogo dell’altro.