
Eco-relazionalità nella Trinità
Prv 8,22-31; Sal 8; Rm 5,1-5; Gv 16,12-15
Ecoterritorialismo è il nome di un’opera ma anche di un percorso di ricerca a cura di Alberto Magnaghi e Ottavio Marzocca. È una parola che si pone come domanda dinanzi al territorio che abitiamo, dinanzi a ciò che significa oggi abitare un territorio, in contesti dove l’urbanizzazione omologante e la deterritorializzazione rischiano di far affondare il nostro essere localizzati, il nostro abitare dei luoghi. Perché ciò che ci rende umani, ciò che ci ha reso umani nel corso della storia è la cultura che nasce dalla coltura di un luogo. Abbiamo imparato ad essere umani quando abbiamo preso coscienza del territorio che abitavamo e che continuiamo ad abitare. Il rischio sempre più crescente, oggi, è proprio di dimenticare la specificità del luogo che abitiamo per lasciare spazio ad una globalizzazione omologante, ad una cementificazione economica, ad una virtualizzazione dell’esistenza che ci rende sempre più soli e sempre più in una bolla informatica che non riecheggia la realtà. Tornare ai territori, abitare i territori, lavorare per la difesa e la promozione del patrimonio dei nostri territori non solo è un’azione civica ma è anche un percorso di fede, in questa solennità della Santissima Trinità. Solitamente facciamo fatica ad agganciare al dogma della Trinità una relazione con il luogo in cui abitiamo. La Trinità sembra essere, anzi, qualcosa di estremamente lontano dai luoghi che abitiamo, Qualcuno che incontreremo proprio quando lasceremo i luoghi che abitiamo. Invece, la Liturgia della Parola di questa domenica afferma esattamente il contrario, ovvero che il mistero della Trinità lo possiamo incontrare ed intrecciare proprio quando abbiamo una coscienza di luogo, quando abitiamo un territorio in maniera ecologica ovvero in una relazionalità viva e vivente con tutto ciò che ci circonda. Vivere la fede, infatti, significa guardarsi dentro e guardarsi intorno, riconoscere come non vivo da solo, come non potrei essere neanche libero se vivessi da solo o se pensassi solo a me stesso. la libertà è fortemente ecologica perché è una libertà relazionale, è una libertà che ha a che vedere con i territori, con le persone che incontro, con l’organizzazione politica della città, con la qualità della vita. Una visione ecologica che è un approccio sapienziale al creato. Una relazione sapienziale con tutto quello che ci circonda, relazione che indica quella coscienza relazionale con l’ambiente in cui vivo che diviene relazione trinitaria. La Sapienza raccontata da Proverbi dice che in tutto quello che è creato e prima di tutto ciò che è stato creato, c’è lei, c’è quella relazione con il Padre a cui noi possiamo accedere. Guardare il mondo con Sapienza e attraverso la Sapienza significa entrare in relazione con il mondo, con questo mondo che abitiamo, e riconoscere come questa relazione abbia origine e ritmo nella relazione trinitaria. E abitare un territorio significa anche mettere alla prova la speranza. Non farsi illusioni e non confondere le nostre illusioni con la speranza. La speranza è quel moto che dalla relazione con il Padre e il Figlio e lo Spirito, permette all’esperienza di fede di diventare virtuosa, di rinsaldarsi nella pazienza, di essere provata. La speranza è tale quando viene messa alla prova, quando si incammina nel territorio, quando denuncia le sopraffazioni, gli sfruttamenti, i danni e il degrado che avviene sui territori e che ledono la nostra qualità della vita, la nostra relazione con gli altri, la nostra possibilità di riconoscere la bellezza nel nostro territorio. La speranza è sostenuta dalla fede e realizza ciò che ancora non si vede, ciò che ancora altri non vedono. La maggior parte delle trasformazioni storiche e sociali sono avvenute grazie a persone che hanno reso visibile ciò che ancora non era visibile nella loro epoca. Per questo motivo, la speranza è rendere visibile l’invisibile, ciò che altri non riescono a vedere, per rendere anche vivibile l’invivibile. E la speranza, come ricorda Gesù, è alimentata dallo Spirito, dal Paraclito che raccoglie ciò che è suo, che ci ricorda le sue parole, che ci rende ancora visibile lui che non riusciamo a vedere. Così, nello Spirito, entriamo in una relazione che non è più solo nostra, che non è astratta, che non riguarda solo pochi eletti o solo una visione economica e utilitarista della vita. Entriamo in una relazione che è visione, futuro, immaginazione. Una relazione trinitaria, in cui siamo fatti poco meno che dèi, come ricorda il Salmo, di gloria e onore coronati.