La nona ora di Cattelan

La nona ora di Cattelan

30 Maggio 2020 1 di Makovec

L’Ora nona, nella tradizione liturgica è il momento in cui san Pietro sale al Tempio per pregare, come viene raccontato anche nella Scrittura, nel libro de Gli atti degli apostoli. Ma Ora nona è anche l’opera provocatoria di Cattelan, la quale raffigura un Giovanni Paolo II colpito da un meteorite. Il messaggio risulta immediato nella sua comprensione, nonostante la forte valenza simbolica utilizzata da Cattelan. Il pontefice è colpito da un meteorite che lo abbatte, simbolo di una Chiesa in crisi, di un pontificato come quello di Giovanni Paolo II che, a detta di alcuni, si è rivelato improntato ad un certo conservatorismo. Tuttavia, non siamo qui per giudicare il pontificato di papa Wojtyla, anche perché non è la sede opportuna. Ciò che colpisce dell’opera d’arte è il profondo sconcerto che provoca perché ad essere messo in discussione non è solo il pontificato di Giovanni Paolo II ma tutta la Chiesa. Colpita dalle notizie riguardanti gli scandali finanziari, gli abusi sessuali, l’omosessualità del clero. Una Chiesa che cerca di affrontare un mondo in rapida trasformazione ma che, in molte delle sue componenti clericali o clericalizzate, non riesce a comprenderlo e, per questo, sceglie la fuga. Ma il mondo contemporaneo, con tutte le sue complessità e mutamenti, non aspetta più il giudizio della Chiesa sulle varie questioni di fede e morale, ma va avanti, irrompe con tutta la sua potenza e la sua pluralità. E tutto questo lascia i fedeli in uno stato ancora più confuso, più incerto, più fragile, tesi fra l’ubbidienza cieca alle loro guide e un pensiero che diviene sempre più critico e influente. Una Chiesa colpita ma non uccisa, una Chiesa ferita ma ancora in grado di rialzarsi. Non perché faccia affidamento sulle proprie forze ma perché, come rivela anche la scultura di Cattelan, rimane attaccata alla croce di Cristo. Una Chiesa che inizia a spogliarsi di tutto ciò che non serve, di tutto ciò che la rende retrograda, superstiziosa, vecchia, per tornare all’essenza ovvero alla Parola e all’Eucarestia, a vivere della presenza di Cristo nella storia. Una Chiesa che si rialza e che esce dai palazzi, una Chiesa che non si nasconde dietro il clericalismo o il tradizionalismo ma che incede, che non si arrende, che si apre al nuovo, allo studio, alle sfide di un mondo complesso e alle domande che questo mondo le pone. Una Chiesa stanca di difendersi da tutto e da tutti, come se credesse più nel demonio che in Cristo Risorto, più nell’inferno che nell’immagine divina scolpita nell’essere umano. Una Chiesa che riconosce anche nel meteorite che la colpisce la presenza di Dio, di uno Spirito che soffia dove vuole e, qualche volta, anche controcorrente, anche in direzione ostinata e contraria. Una Chiesa di uomini e donne che vivono la comunione senza più deleghe e facili ubbidienze, senza sottomissione al potere, senza il perbenismo da sacrestia. Una Chiesa di uomini e donne che non hanno paura dei meteoriti perché sanno in Chi hanno posto la loro fiducia. E così l’ora nona diventerà non l’ora della difesa, ma l’ora della preghiera, quest’ora.