Human Migration messa a fuoco

Human Migration messa a fuoco

24 Febbraio 2020 2 di Makovec

Human Migration è una delle fotografie di un autore anonimo che si firma Giuseppe Tubi. Se per gli esperti di fotografia o anche per chi la guarda per la prima volta, l’immagine può sembrare sfocata e malamente illuminata, in realtà si parla di un effetto voluto. Infatti, Giuseppe Tubi ha voluto rappresentare all’interno di una foto molto più che la dura realtà dell’emigrazione. I protagonisti della foto, come possiamo notare, sono persone che richiamano al dramma dell’emigrazione. Persone di spalle, in cammino, con il volto coperto su una strada asfaltata, che seguono le indicazioni di una persona che si è fermata e che li guarda. Tuttavia, lo scorrono fra l’indifferenza di un cammino che segue o, meglio, insegue. Perché sono persone che, più di una strada, sembrano inseguire una rotta, un percorso obbligato che nessuno riesce a fermare. Sono persone che si inseguono a vicenda, nella speranza di trovare un riparo o una condizione migliore di quella che hanno lasciato. Il blu che risalta dai loro vestiti, infatti, sembra riportarci ad una condizione di miseria, dal momento che sembrano vesti che hanno la sola funzione di coprire più che di essere all’ultima moda. Ma se i protagonisti riflettono una condizione umana in continuo cammino, in continuo cambiamento, l’effetto sfocato non solo ricalca questa condizione ma la amplia e la trascende. Infatti, la condizione umana non è solo quella del camminatore o del pellegrino, ma è anche e continuamente una condizione sfocata, una continua messa a fuoco sulla realtà che, tuttavia, ci sfugge. Una realtà che vediamo sempre fuori asse, fuori schema, fuori contorno. Perché se la riprendessimo una volta per tutte, con contorni netti e nitidi, la realtà stessa sparirebbe, per lasciare spazio solo alle nostre immagini, alle nostre fantasie sulla realtà, a ciò che noi pensiamo sia reale o meno. Invece è una condizione sempre e comunque sfocata, come quando dall’oculista, proviamo diverse e diverse lenti, fino a trovare quella che più o meno ci permette di vedere bene. Ed anche quando l’abbiamo trovata, ecco che dopo qualche anno c’è bisogno di un nuovo controllo, di una nuova visione della realtà, di una nuova idea, di una nuova ermeneutica. Ecco, allora, la Migrazione umana: una vitalità peregrinante, una continua messa a fuoco, alla ricerca di un Volto.