Capture: tecnologie di controllo e spazi urbani

Capture: tecnologie di controllo e spazi urbani

6 Novembre 2020 0 di Makovec

La città non è solo un luogo di confronto e di dialogo fra la pluralità dei soggetti più o meno attivi coinvolti. La città ha, al primo interno, una dinamica di identificazione. Dal villaggio alla città, passando per i paesi di piccole e medie dimensioni, la città permette l’identificazione dei propri cittadini, le loro relazioni familiari e i loro legami. Identificare, nelle società di piccole e medie dimensioni, significa poter riconoscere la rete delle relazioni di un individuo che vive o trascorre il suo tempo insieme ad altri individui. il miraggio della grande metropoli, in questa prospettiva, è stato di uscire da questo stretta dinamica di controllo, favorendo maggiormente la privacy delle persone e la loro autonomia attraverso politiche di accesso sempre più immediato e facilitato ai mezzi di trasporto, alle comunicazioni, alle abitazioni e a tutti i servizi che una città può offrire. La grande metropoli, dunque, offre la possibilità di avere tutto a portata di mano, mantenendo la propria autonomia e la propria riservatezza. Tuttavia, parliamo di miraggio in relazione a questa dinamica perché la grande città non annulla il principio di identificazione delle piccole o medie città per una maggior autonomia, ma trasferisce la dinamica di identificazione su un altro piano. La funzionalità della metropoli è data, soprattutto, dall’inserimento delle tecnologie per la gestione della città e delle sue funzioni. Una di queste funzioni è la dinamica di identificazione attraverso l’utilizzo delle nuove tecnologie che divengono, ben presto, sistemi di controllo. Telecamere, sensori, antenne, ripetitori, tutta una tecnologia che diviene strumento per il controllo e la tracciabilità dei movimenti, dei gusti e delle opinioni dei cittadini. Le tecnologie di controllo e di tracciabilità sparse nella città raccolgono dati e ci identificano non più rintracciando i legami ma tracciando i dati lasciati per strada o in internet o semplicemente nell’utilizzo delle tecnologie che ci portiamo insieme, come gli smartphone. Per questo motivo, tutte quelle frange di negazionisti e di complottisti, in realtà, non fanno che parte di un sistema che li controlla e li governa anche quando non se ne accorgono. A proposito delle tecnologie di controllo, l’artista e attivista torinese Paolo Cirio ha messo in atto un progetto artistico dal titolo Capture. Il progetto consiste nell’aver collezionato già ben quattromila volti di agenti della polizia francese, attraverso i media e il web e averli sparsi, come poster, per le strade di Parigi. La denuncia di Cirio è quella dell’utilizzo dei dati biometrici e, in particolare, delle tecnologie di riconoscimento facciale per identificare gli individui presenti all’interno di una città. Tecnologie utilizzate, in particolare, dalle forze di polizia di tutto il mondo e che consentono l’immediata tracciabilità delle persone presenti a manifestazioni di qualsiasi genere. Tuttavia, la pratica del riconoscimento facciale e i suoi rapporti di potere e di controllo vengono, per così dire, ribaltati in quanto la tecnologia ha permesso l’identificazione non degli attivisti quanto dei poliziotti e dei militari. In questo modo, Cirio ha messo in risalto i rapporti di forza e di potere contenuti all’interno della meccanica dell’identificazione delle persone all’interno del tessuto urbano e sociale. Ciò che è più interessante del progetto artistico di Paolo Cirio è proprio la consapevolezza che l’identificazione delle persone è esercizio di un potere sugli altri, un potere sempre più tecnologizzato e funzionale che non risente più dell’ambiguità del piccolo o medio paese. Perché nella piccola città, l’identificazione fra persone comporta da una parte la caduta all’interno di pregiudizi già formati, mentre dall’altra una spinta verso una libertà come riconoscimento di se stessi. Nelle grandi città, invece, la contrapposizione fra controllo tecnologico e autonomia sembra non lasciare nessuno spazio al riconoscimento fra persone, preferendo spostare la bilancia verso il pregiudizio e l’etichetta. Allora lo spazio della libertà è lo spazio della privacy, lo spazio dell’autonomia nelle scelte su cosa comprare o su chi votare o come muoversi, ma non più come trasformazione del reale e dei sui rapporti di forza. L’arte, come ci fa vedere Cirio, ci permette di prendere consapevolezza di questi rapporti di potere. E la consapevolezza è il primo passo verso una trasformazione.