Le stelle di Kiefer: Jaipur

Le stelle di Kiefer: Jaipur

16 Maggio 2020 0 di Makovec

Jaipur è una delle città forse più conosciute dell’India. Situata a nord della nazione, essa è una delle città che più ha affascinato Ansel Kiefer, durante i suoi viaggi, tanto da nominare una delle sue opere più famose proprio con il nome della cittadina, Japur. L’opera è maestosa e appartiene ad un gruppo di cinque opere che l’artista ha collocato accanto alle sue più celebri Sette dimore celesti presso l’Hangar Bicocca a Milano. Soffermandoci su Japur e sulle sue particolarità, possiamo notare come essa sia l’emblema di una città di confine. Kiefer raffigura una cava di pietra, la quale, tuttavia, assomiglia ad una ziggurat rovesciata. Se paragonate alle Dimore celesti, la ziggurat, infatti, assume la forma simbolica dell’incontro dell’umano con il divino. Ogni cultura, elaborando la sua religione, ha riconosciuto che è nell’alto che si incontra il divino e, dunque, per giungere in alto bisogna costruire torri, ziggurat, templi, piramidi. Il collegamento con il divino è in relazione all’altezza. Tuttavia, nell’opera di Kiefer, la ziggurat è rovesciata, scavata nella terra più che innalzata verso il cielo. Ma a questa particolarità se ne aggiunge un’altra: le stelle. Fissate nel cielo come responsi oracolari al volere degli dèi, le stelle sono sempre state il luogo della ricerca del divino, di ciò che maggiormente ci attrae. Ma le stelle di Kiefer hanno una collocazione precisa ed è la collocazione che la NASA ha dato a ciascuna stella. Gli oracoli, dunque, non sono più da interpretare ma da decifrare. E i numeri delle stelle compongono precise geometrie sulla terra, geometrie che congiungono la terra al cielo ma che, paradossalmente, nascondono un orrore. Infatti, la grafica con cui sono scritti i codici stellari ricorda molto da vicino i numeri che i prigionieri dei campi di concentramento nazisti avevano tatuati sul braccio. Caratteri marchiati a fuoco sulla pelle e che destano un certo sconforto e sconcerto. L’altezza e la sublimità si rovesciano, la ricerca degli dèi diviene il più grande incubo, l’interpretazione delle stelle diviene una serie piatta di numeri che rende la civiltà prigioniera di un incubo. Tutto il grande sogno di essere dèi, di entrare in relazione con ciò che è oltre l’umano diviene il più grande incubo della civiltà occidentale. Ma come poter rovesciare tutto questo? Come poter fermare questo incubo? L’autore sembra suggerirci che occorre tornare a guardare le stelle, a disegnare geometrie celesti proprio qui sulla terra. Rovesciare la torre per scavare dentro, in profondità. Non è più tempo di stare ad aspettare che ci siano aiuti dall’alto, ma tocca a noi scavare dentro questa terra, entrare fin nel midollo della realtà per scovare che è lì, nel profondo, nella nostra città, che si rivela il divino.