La città metafisica

La città metafisica

26 Novembre 2023 1 di Makovec

Man mano che continuo ad esplorare la città, a studiare i fenomeni urbani, a cercare di comprendere come mai gli uomini e le donne, ad un certo punto della storia, hanno sentito il bisogno di vivere insieme, mi rendo sempre più conto che la città, prima ancora di essere uno spazio, è una domanda. È la domanda, parafrasando Heidegger, che ci fa abitare poeticamente il mondo. E la città sembra mettere in questione, rilanciare continuamente la domanda sull’abitare poetico dell’essere umano, sull’abitare costruendo, facendo qualcosa, modellando e modificando l’ambiente in cui vive. In questo consiste l’abitare poetico che, a prima vista, sembra difficile trovare nelle nostre città. Ma cosa, allora, ci fa stare ancora insieme? Cosa permette alle nostre città di sopravvivere? Cosa ci consente ancora di abitare un mondo che brucia da ogni parte? Tutte queste domande non hanno una risposta definitiva, come non hanno una risposta univoca, come non hanno una risposta singola. Sono domande che rilanciano continuamente la questione della città, del nostro vivere insieme, delle differenti prospettive ermeneutiche che ci permettono di abitare le città. Perché, se volessimo porre la città come questione metafisica, per prima cosa affermeremmo che la città è plurale, che la città è fatta di prospettive, di immaginari, di interpretazioni, di narrazioni e di simboli. Un’idea metafisica della città, allora, è ciò che ci permette di porre in essere una serie di legami, di prospettive, di relazioni da tenere insieme. Possiamo pensare la città solo in maniera metafisica come tentativo continuo e interrogante di come le varie relazioni, i vari ambiti, i vari contesti e le varie narrazioni possano rimanere insieme, possano tenersi e interpretarsi vicendevolmente. Metafisica, allora, come ciò che si oppone all’ideologia, ad una visione statica della città, una visione monoprospettica, univoca, determinata e determinante della città. Una prospettiva ideologizzante che cerca di spiegare tutto della città secondo i propri canoni, i propri criteri, i propri gusti. È l’ideologia della lamentela, della chiusura al dialogo, della cesura del tempo passato come rifugio contro i tempi cattivi del presente, di coloro che sanno sempre cosa dire sulla città, come dirlo, investendosi di una autorità cattedratica. Ideologia che si contrappone alla metafisica, saccenza che si contrappone ad una nuova consapevolezza metafisica. Consapevolezza di una metafisica che pone in questione la città partendo da una postura umile, cercando di comprendere, studiare, capire i fenomeni, i processi e i sistemi che sono in atto in una città, insieme ad altre persone. Per pensare in maniera metafisica la città serve umiltà, serve lavorare con gli altri, serve riconoscere le differenti prospettive e competenze, linguaggi e contesti. Insomma, per pensare la città serve umiltà ed è l’umiltà ciò che rende fertile il terreno della politica, per costruire insieme la città che abitiamo poeticamente.