
Wannabe: la camera vocazionale
Giovani Wannabe è una canzone dei Pinguini Tattici Nucleari dall’album Fake News del 2022. È il racconto del passaggio-paesaggio giovanile, di una generazione che non sa chi sia ma che aspira ad essere qualcosa. Wannabe è la forma slang di want to be, cercare di essere qualcosa o qualcuno. E continuando la nostra riflessione sul senso della camera, ecco che essa diviene il luogo per eccellenza dove sviluppare se stessi. In mezzo ad una generazione di adulti cresciuta nel ventennio berlusconiano che aspira a rimanere giovane, Giovani Wannabe, descrivono l’effetto opposto, ovvero il desiderio non di rimanere giovani, ma di essere qualcuno. In questa prospettiva, in modo particolare dopo il trauma post-pandemico, la camera non è più una stanza chiusa, non più uno spazio ristretto, ma mobile. Le prime scene del video sottolineano esattamente questa inversione di prospettiva. Una camera fissa e statica che viene chiusa, sostituita da un’automobile. Da mito degli anni del Dopoguerra, l’automobile diviene una camera in cui cercare se stessi, in cui esplorare se stessi. Una camera mobile, in un viaggio per i vari paesaggi rurali e non più urbani. La ricerca di sé porta la camera verso luoghi solitari, verso paesaggi complessi, verso frammenti di ricordi e soste notturne. Ciò che si ricerca nella camera e attraverso la camera non è più il mito dell’eterna giovinezza, il tentativo di rimanere nello stadio edenico della giovinezza attraverso chirurgie plastiche, siliconi e botox. Il tentativo è quello di essere chi vogliamo, di orientarsi nel paesaggio dell’esistenza attraverso una mobilità posta fra la fine della storia e il prossimo Bing Bang. E fra questi due estremi, fra la fine e il nuovo inizio, ecco che si situa la relazione d’amore. Nessuna impostazione, nessuna imposizione, nessun paletto, nessuno che dica cosa fare o che indichi precetti e norme, ma solo l’amare e l’essere amati. Questo è ciò che contrassegna il passaggio-paesaggio di una giovinezza che cerca la propria unicità, il proprio posto del mondo. Le trasformazioni di Chiara Peri e Francesco Cicconetti nel video raccontano un visibile, esprimono ciò che manifesto sulla pelle attraverso crescite e cicatrici. Ma ciò che è più importante è l’inespresso, il mistero, il non detto, il contrafforte, l’indicibile dell’amore per cui ciascuno guarda l’altro per quello che è e per quello che è sempre stato e che sempre è voluto diventare. La camera automobile mette a fuoco le trasformazioni, dove il paesaggio cambia attraverso il susseguirsi dei passaggi esistenziali, fino ad abbandonare anche la camera per proseguire a piedi, insieme. È la trasformazione, il chi vogliamo diventare, il desiderio più profondo, la camera vocazionale in cui sviluppare se stessi, insieme.
Grazie. Mi sembra ci sia anche della nostalgia sia nella definizione della camera che si lascia che della vettura che si sceglie. Una nostalgia che si trasforma nel bisogno di natura, più manifesto in lei al punto da innescare una metamorfosi ed è l’amore a trasformare quello che guida in guidato, confermando la forza motrice e il prezioso ruolo di un femminile per cui ogni “stanza non ha più pareti ma alberi”.
Una generazione in cerca di un’identità. Utilizzano una camera mobile trovata in un’automobile che contrassegna il passaggio-paesaggio di una giovinezza che cerca la propria unicità, il proprio posto del mondo. Una giovinezza assimilabile, come dice Vittorino Andreoli, ad un buco nero, presi da questa ricerca spasmodica di capire chi sono. E nella ricerca sfrenata della propria identità schizzano fuori, da quella camera mobile, giovani che si spiaccicano sulla segnaletica verticale. È un guado, un tunnel, lo devono attraversare per approdare in un equilibrio più stabile.