Un Dio giovane

Un Dio giovane

11 Ottobre 2025 1 di Makovec

2Re 5,14-17; Sal 97; 2Tm 2,8-13; Lc 17,11-19

Uno dei testi più celebri di Juan Arias è dedicato alla giovinezza di Dio. Il mio Dio ha la freschezza dell’alba. Il mio Dio è la nascita. Per questo è giovane in ogni istante. Nel mio Dio non ci sono germi di morte. Il mio Dio non può invecchiare. È la pienezza, la maturità sempre giovane. È un giorno senza fine, è una giovinezza continua. Per questo è la vita. Essere giovane è rassomigliare al mio Dio. Per questo nel più profondo di ogni essere, dorme nascosto un desiderio segreto di giovinezza. Per questo nessuno vorrebbe invecchiare. La giovinezza è pienezza di illusione, è maturità di donazione, di fantasia, di speranza, di bellezza. È il sì dell’amore. È più facile al giovane che all’anziano regalare la vita. La gioventù non è un passaggio, un apprendistato, un noviziato. È il momento sublime di dare un senso alla vita, è l’ora delle grandi decisioni, è il vertice della spontaneità. È il momento migliore per sentire la voce di Cristo quando dice: “Chi non dona la sua vita, la perderà”. Per questo è maturo, vivo, fecondo soltanto chi conserva, nell’inesorabile corsa del tempo, la freschezza, l’illusione, l’eroismo, la spontaneità, la vivezza del giovane. È divino soltanto chi nel cuore sa restare giovane. Dio continua ad essere giovane. Per questo il mio Dio è sempre più vicino a quanti sono più giovani in ogni momento della storia. Il mio Dio è giovane perché aspetta sempre, perché sa leggere la bontà che nascondono le cose, perché sa captare il rumore impercettibile della vita che spunta da ogni parte perché il mondo continui ad essere giovane. Il mio Dio giovane sa che il trionfo definitivo è della vita. Il mio Dio non ha i difetti dei giovani ma nemmeno i vizi dei vecchi. Il mio Dio ha le qualità di tutti, ma in lui tutto è impregnato di giovinezza, perché il mio Dio è il giovane eterno, o meglio, l’eternamente giovane. Il mio Dio è colui che fa nuove, giovani tutte le cose. Il mio Dio è colui che alla fine dei tempi inaugurerà con la risurrezione di tutto la giovinezza perenne dei secoli”. È il Dio eternamente giovane che rende, oggi, giovane il corpo di Naaman. Quel corpo corroso dalla lebbra, quel corpo che aveva perso ogni speranza e che si agita nel momento in cui gli viene chiesta una cosa semplicissima come immergersi nel Giordano, diventa giovane. Un corpo toccato da Dio è un corpo che ritorna giovane, perché è un corpo che afferma il sì alla vita, il sì della donazione. Per questo motivo, il corpo giovane di Naaman, diviene il corpo di colui che vuole donare qualcosa, il corpo di chi sa che non c’è altro Dio se non il Signore, se non colui che gli ha fatto vivere una esperienza di liberazione dalla corruzione, da una malattia che lo avrebbe fatto a pezzi. Quel corpo corroso dalla lebbra è un corpo che ritrova una vita giovane, una vita che aveva perso, una speranza che non c’era più e che trascinava quello straniero nella disperazione. Un Dio giovane che ascolta in ogni momento il palpito di una vita nascente, un Dio giovane che opera meraviglie, come ricorda il Salmo. Cantate al Signore un canto nuovo, perché ha compiuto meraviglie. Gli ha dato vittoria la sua destra e il suo braccio santo. Un Dio che intona un canto nuovo perché sa rimanere giovane. Di quella giovinezza che on è anagrafica ma biografica, di quella giovinezza che racconta di esperienze liberanti, di esperienze in cui poter incontrare Dio, di esperienze in cui siamo autentici e pieni di forza da poter donare alle altre persone. questa è la giovinezza di Dio, quella giovinezza che risponde alla nostra libertà, senza corrisponderne mai pienamente. Perché eccede anche la nostra libertà nella sua fedeltà, in quanto non può rinnegare se stesso. Quella fedeltà che racconta Paolo ad un giovane come Timoteo. Questa parola è degna di fede: Se moriamo con lui, con lui anche vivremo; se perseveriamo, con lui anche regneremo; se lo rinneghiamo, lui pure ci rinnegherà; se siamo infedeli, lui rimane fedele, perché non può rinnegare se stesso. La giovinezza che continuamente rimanere fedele, questo è il nostro Dio, quel Dio di Gesù Cristo che non tollera la malattia, la sofferenza, la morte ma chiede a quei dieci lebbrosi di andare a purificarsi dal sacerdote. E mentre si dirigono lì sono già stati purificati, il loro corpo è tornato come quello di un giovane. Questa è la bellezza del nostro Dio che non si ferma solo alla rassegnazione di una malattia incurabile, ma affida ad una promessa di liberazione ciascuno di noi, ciascuno nella sua lebbra. E quello straniero che ritorna a ringraziare è colui che sa rimanere giovane, colui che si rende conto che quella giovinezza ridonata non è solo l’integrità del corpo, ma una scintilla nuova posta nel cuore da un Dio che sa rimanere giovane e che sa attenderci qui. Per rendere grazie a questo Dio che fa nuove e giovani tutte le cose.