Quel centimetro

Quel centimetro

1 Novembre 2025 3 di Makovec

Gb 19,1.23-27a; Sal 26; Rm 5,5-11; Gv 6,37-40

“Tutto di me svanirà, tutto. Tranne quell’ultimo centimetro. Un centimetro, è piccolo ed è fragile, ma è l’unica cosa al mondo che valga la pena di avere. Non dobbiamo mai perderlo o svenderlo, non dobbiamo permettere che ce lo rubino. Spero che chiunque tu sia, almeno tu, possa fuggire da questo posto, spero che il mondo cambi, che le cose vadano meglio. Ma quello che spero più di ogni altra cosa è che tu capisca cosa intendo quando dico che, anche se non ti conosco, anche se non ti conoscerò mai, anche se non riderò e non piangerò con te, e non ti bacerò mai, io ti amo. Dal più profondo del cuore, io ti amo”. La conclusione della Lettera di Valery del celebre film V per vendetta, ci riporta al senso della commemorazione del Fedeli Defunti che oggi viviamo. Valery è una prigioniera di questo regime totalitario distopico che punisce, reprime e tortura i diversi. Valery si trova in una delle prigioni del regime, sottoposta a esperimenti scientifici e alla fine seppellita in una fossa comune. Una donna che, nonostante sia nel luogo e nel tempo più brutto della storia, nonostante sia consapevole della sua morte, della sparizione completa del suo corpo e dei suoi affetti, riesce a scrivere la sua autobiografia, a raccontare la sua storia, a nutrire ancora speranza. Una speranza che vibra nell’ultimo centimetro, il centimetro più autentico di noi stessi, quel centimetro che è la nostra autenticità e che sopravvive e viene salvato anche dalla morte. Quell’ultimo centimetro di libertà, piccolo e fragile, da cui germoglia la donazione agli altri. Infatti, la Lettera di Valery è ciò che permetterà al protagonista della storia di sopravvivere all’internamento e di raggiungere la libertà. Un messaggio potente frutto di una libertà che si gioca dinanzi alla morte, spoglia di tutto, come le parole incise con lo stile su una tavoletta che implora Giobbe, come quell’ultimo centimetro di Giobbe che, liberato dalla pelle, vedrà il suo Redentore vivo. Quel centimetro che resiste alla morte, quel centimetro che, dentro di noi, ci permette di riconoscere che siamo salvi, che tutto di noi può perdersi ed evaporare, cadere nel dimenticatoio, ma non quell’ultimo centimetro di autenticità, di libertà, di verità che siamo. Quell’ultimo centimetro lì, privo di ogni maschera, è ciò che Gesù ha salvato, morendo per tutti noi. Quella morte che non fa nascere in noi un senso di colpa, ma che riporta all’essenzialità della vita, riporta alla concretezza di un vivere oltre tutte le problematiche o tutto ciò che passa, tutto ciò che è effimero. Quella speranza che saremo riconciliati con lui attraverso lo Spirito è quella stessa speranza che riserviamo nei confronti delle altre persone. Quando tutto il rancore passa, quando tutte le nostre pretese vengono meno, quando tutte le brame e la voglia di primeggiare, l’arbitrio e il capriccio, quando tutto questo viene meno ecco che germoglia quel centimetro, che quel centimetro diviene chiamata ad andare incontro al Signore, vivere nella volontà del Padre. Assaporiamo l’Eterno quando ci spogliamo di tutto, quando ci ricordiamo che quel centimetro che siamo è ciò che non si perde ma che verrà resuscitato nell’ultimo giorno. Solo quel centimetro in mezzo a tutte le cose che vorremmo portarci dietro, in mezzo a tutte le impronte che vorremmo lasciare. Di noi rimarrà solo quel centimetro di autenticità che risorgerà nell’ultimo giorno. Questa è la forza che abbiamo cantato nel Salmo, quel desiderio di abitare nella casa del Signore, in cui non c’è finzione o privilegio, ma un cuore saldo che affronta il mondo, e continua a sperare e ad amare anche coloro che non conosciamo, anche coloro che ci fanno del male, anche coloro che è difficile amare.