Il Santo Estintore

Il Santo Estintore

31 Ottobre 2025 0 di Makovec

Ap 7,2-4.9-14; Sal 23; 1Gv 3,1-3; Mt 5,1-12a

Nel Padiglione Polacco della Biennale di Architettura 2025 a Venezia, si rifletteva sul tema della sicurezza, di ieri come di oggi. Nella tradizione popolare polacca, come anche nella nostra tradizione popolare ci sono riti, formule, gesti che servono a scongiurare il pericolo, a metterci in sicurezza. Oggi esistono altri sistemi, forse più o forse meno efficaci, certamente molto differenti. Eppure, la particolarità del padiglione Polacco è che il primo oggetto di sicurezza è posto in una nicchia frontale: è l’estintore. Un oggetto da venerare come un santo, in una sua nicchia palese fra i corridoi delle scuole, degli uffici pubblici, delle strutture che rischiano di andare a fuoco. Si tratta di un oggetto che serve a scongiurare il pericolo, che può anche non essere mai usato, ma l’importante che sia sempre lì, a disposizione. Qualcuno potrebbe vedere una certa dose di blasfemia in tutto questo, eppure risuona ancora oggi come una provocazione non solo sui sistemi di sicurezza ma soprattutto sulla nicchia in cui poniamo i nostri santi. Statue poste negli angoli delle chiese, come estintori, pronti all’uso per scongiurare qualche pericolo. Oppure santi moderni, santi giovani, che possano funzionare da brand per attirare le giovani generazioni ma impacchettati in forme devozionali vecchie e polverose, capaci di attirare solo generazioni più adulte, e sempre le solite. A questa forma di santità che funziona, più o meno, come un estintore di peccati o di problemi, o semplicemente come un dispositivo di sicurezza, ecco che la liturgia della Parola di oggi ci propone una santità artigiana, una santità che si costruisce giorno dopo giorno, nelle contraddizioni e nella gravità del quotidiano. È la santità delle Beatitudini, di un Vangelo che resiste a tutto e a tutti perché ha dentro un seme di infinito, al suo cuore il cammino di discepolato di Cristo. Il racconto di una condizione esistenziale che ha senso quando tende verso un fine, quando spinge se stessa oltre l’appiattimento del presente. La santità è rischio, non sicurezza. È il rischio di credere in un mondo altro, il rischio di lavorare con le proprie mani, il rischio di tendere verso l’invisibile rendendolo visibile. Fino a rallegrarsi ed esultare nelle persecuzioni, negli insulti e quando mentono sul nostro conto. Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli. Non è la sicurezza di un posto certo, come neanche la sicurezza di statuette pronte all’uso. Ma il rischio di intravedere il mondo futuro, di spingerci verso un mondo che sappiamo esistere, un altrove in cui, come ci ricorda Giovanni, vedremo Dio faccia a faccia. Carissimi, noi fin d’ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato. Sappiamo però che quando egli si sarà manifestato, noi saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli è. Tutto quello che è qui è ancora poco, tutto quello che siamo non è ancora tutto. In questo consiste la santità, nello sviluppare se stessi, nel germogliare giorno dopo giorno, nell’essere all’altezza non della dignità altrui ma della dignità di Cristo stesso. La santità è in ciò che ancora non siamo. Non in ciò che non saremo mai, ma in ciò che ancora non siamo. Per questo motivo il mondo non ci ha conosciuto, perché non ha conosciuto il Cristo e non ha conosciuto quel sigillo che è dentro di noi, quel profondo mistero che non apriamo dinanzi a tutti, ma solo dinanzi a poche persone, a coloro che sono eletti, a coloro che odorano di santità perché rendono visibile il profondo mistero che le abita. Quelle persone che sono i centoquarantaquattromila segnati, ovvero una totalità compiuta. Quelle persone belle, affascinanti, che ci permettono di sollevare la testa e di non vergognarci per come siamo e di chi siamo. Quelle persone dinanzi a cui corriamo il rischio di essere autentici e che corrono con noi il rischio della loro autenticità. Non perché sono più brave di altre ma perché hanno Dio negli occhi. Quelle persone che cercano il volto di Dio, come ci ricorda il Salmo. Che cercano il suo volto e questo li basta.